IL CERCHIO DI SASSI
Già dalla mattina si era capito si trattasse di una giornata anomala.
Un cerchio fatto di sassi, poco distante dal centro abitato, era stato scovato dietro a cumuli di salsola, detta anche rotolacampo.
Chissà chi lo avesse fatto e lasciato lì…
Si pensò subito ad uno scherzo di qualche bambino, anche se poco verosimilmente un bambino sarebbe uscito da solo dal grande recinto. Il rischio di imbattersi in serpenti velenosi e coyotes era davvero molto alto, specialmente nelle prime ore del mattino.
La notizia del cerchio di sassi girò fino all’ora di pranzo per tutto il villaggio, come unica fonte d’argomento, fino quasi a sparire totalmente una volta riempite le pance.
Nessuno ebbe più, come per tabù, nominato l’evento mattutino, nel pomeriggio.
Così, un po’ per ripicca, un po’ per la mia natura ribelle, sul finir della giornata pensai di tornare verso il centro per fare un sondaggio riguardo l’episodio stravagante.
Ma proprio mentre mi incamminavo, diretto verso le botteghe più centrali, una signora – tale Kate Jones – scappò fuori da casa urlante e concitata, raccontando di aver perso il figlio piccolo.
Ovviamente, come se il destino non volesse farmi approfondire il mistero del cerchio di sassi, tutte le persone vicine accorsero ad aiutare la signora.
Aspettai semi sdraiato sotto il portico di un locale, per non prendere umidità, che il piccolo venisse ritrovato, senza però concedere il mio aiuto nella ricerca. Non che questo non mi preoccupasse, ma ero più intento a mantenere un certo distacco dal resto del gruppo, più che integrarmi.
Così decisi di farmi da parte ed aspettare.
Il buio era, ormai, sceso quasi del tutto. Le stelle fiaccolavano nel cosmo, ben visibili, grazie alla giornata limpida ed al cielo terso,
tanto da riuscire nitidamente a distinguerne molte.
Il tempo passava e, spesso, di fretta da un lato all’altro della strada, qualcuno correva preoccupato, alla ricerca del bambino scomparso.
Il vociare da dentro le abitazioni era intenso, le persone si chiamavano dalle finestre. Sembrava un alveare, dove tutti collaboravano ed aiutavano.
Ed io non avevo nessuna intenzione di muovermi da lì. Sarebbe stato veramente d’aiuto, ma non me ne interessai.
L’unica, oltre me, a non aiutare la signora nelle ricerche fu Dena, che rimase al bancone tutto il tempo, seppur non ci fosse neanche un cliente.
Io, da qui, potevo osservare le sue trecce e le sue mani…
di Fabio Valerio