I DISTILLATI DI DENA
Dena era il suo nome. Inusuale per la nostra tradizione.
Gli occhi color caramello, le lunghe trecce che portava sulle spalle e l’abitudine nel portare camicia e jeans la rendevano unica.Così come il nome, la sua provenienza, il colore della sua pelle ed il lavoro che svolgeva.
Una ragazza così giovane, che serviva al banco, di così rara bellezza, era qualcosa che non si era mai visto prima.
Certo, il villaggio era un piccolo paradiso in confronto a molti altri centri abitati della zona. Non c’era alcun malintenzionato che avrebbe deturpato la quiete con la sua presenza, al quale poteva interessare venire a farci visita.Così come non c’erano interessi particolari per gli investitori.
Eppure, ogni qualvolta un forestiero si ritrovava all’interno del nostro perimetro, finiva per rimanervi a lungo. Come se avesse trovato un luogo dove far riposare il proprio spirito.
Capitava sempre più spesso che mi fermassi a pensarci.
I volti familiari degli abitanti del luogo erano, da una parte, rassicuranti; dall’altra talmente monotoni che mi accorgevo di non sapere alcuni dei loro nomi, ma mi sembrava di conoscerli come se fossero miei parenti.
Poi, solitamente, non salutavo nessuno. Era meglio tenere le distanze. Reputavo migliore il fatto che riconoscessero il rumore dei miei passi, piuttosto che il suono della mia voce.
L’ultima volta che avevo fumato una sigaretta era stato qualche anno prima, forse 7 o 8 o 20; quando ancora non mi ero fermato in quel luogo sperduto. Si, sono stato anche io uno di quei forestieri erranti che si è fermato.
Ma non saprei dire il perché.
Nacqui in Europa, in Italia, credo. Mi sembrava fosse passato oltre un secolo, talmente erano le cose ed i luoghi che avevo visitato.
Un’esistenza strana, la mia. Ma questo non spiegherebbe il volermi fermare lì.Forse un giorno avrei ripreso la strada. Anche se non fossi riuscito, ancora, a rivolgerle parola.Perché avrei dovuto farlo? In effetti ero un cliente non pagante, accettato chissà per quale motivo…
I pochi alberi disposti a fare da ombra si inclinavano al vento caldo serale, mentre in lontananza si iniziavano a percepire i primi ululati notturni.
di Fabio Valerio