“Ma le cose stanno diversamente, poiché tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà”.
Titolo: Trattato del ribelle
Autori: E. Jünger
Voto: 7,5/10
Scrittura: Accessibile
Pagine: 137
In breve:
“E non solo questi lupi sono forti in sé stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco”. Così prosegue Jünger in questo celebre estratto, teso a delineare quello che a suo avviso sarebbe il “peggiore incubo dei potenti”.
Il Trattato del ribelle è un saggio decisamente audace (pubblicato nell’immediato dopoguerra, nel 1951), di un pensatore poliedrico e lontano dalle banalità, che si distinse anche per meriti militari ed ebbe il coraggio di respingere Goebbels in persona e l’ideologia nazista, pur combattendo sotto le sue insegne.
Jünger, disilluso dalla società – prima ancora che dalla politica – delinea in poche pagine la propria “filosofia ribelle”, sfidando il sistema per mezzo di una sorta di sublimazione dell’anarchismo attivo e della libertà di allontanarsi dalle costruzioni sociali, esemplificate mediante il concetto – un po’ thoreauiano – del “passaggio al bosco”.
Segnalo qualche perplessità in merito alle conclusioni dell’autore; ho avuto la sensazione che continuasse a srotolare all’infinito un gomitolo ideologico di malessere, senza mai riuscire a raggiungere il bandolo della matassa, rivelarsi in grado di affrontare il problema o fornire soluzioni meno retoriche.
Un saggio interessante, sicuramente da leggere, che presta il fianco a una lunga serie di considerazioni: fra le varie, sono portato a chiedermi cosa significhi al giorno d’oggi essere un ribelle.
Che ne pensate?
Chi è il ribelle contemporaneo?
di @spritz_e_libri
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Fonte immagine: Adelphi