Recensione – Sound of Metal
Ben ritrovati cari lettori, per un nuovo appuntamento della rubrica The Golden Theater, spero stiate bene in questo periodo, vi auguro di trascorrere un mese pieno di novità positive.
Per questa seconda recensione, ho scelto un film che mi ha colpito sin da subito, attraverso le proprie immagini intense e complesse su cui riflettere, ossia Sound of Metal, distribuito nelle sale cinematografiche il 20 Novembre 2020 e a livello globale in streaming su Prime video, dal 4 Dicembre dello stesso anno. Inoltre è stato candidato a ben 6 Oscar, vincendo il premio come miglior montaggio e come miglior sonoro.
Diretto dall’esordiente Darius Marder, questa pellicola racconta la storia di Ruben, un batterista metal che vive in un camper insieme alla fidanzata Lou. Con lei si esibisce per le strade d’America, in tour da un club all’altro. Ex tossicodipendente pulito da quattro anni, Ruben si accorge di percepire uno strano ronzio nelle orecchie e in poco tempo comincia a perdere del tutto l’udito. La notizia getta Ruben in pieno sconforto, dato che senza udito la sua carriera da batterista non può continuare. Preoccupata che il fidanzato possa ricadere nella
trappola della dipendenza da eroina, Lou decide di aiutarlo e lo convince a rivolgersi a una comunità di non udenti, dove Ruben viene accettato ben volentieri.
Dovrà quindi adattarsi a un mondo dove tutti, in questa comunità, conoscono il linguaggio dei
segni. Tutti, eccetto lui. Pertanto dovrà fare i conti con la sua particolare situazione, del tutto nuova e inaspettata, cercando di trovare un equilibrio interiore.
Ed è merito di un eccezionale Riz Ahmed, che il protagonista di questo dramma, vissuto in solitudine e con improvvisi cambiamenti interiori, riuscirà ad accettare la sua condizione quasi del tutto irreversibile. In effetti Ruben intraprenderà un viaggio alla ricerca di se stesso, in cui non vi è una meta precisa, vi è soltanto un futuro complicato davanti, con i propri conflitti da affrontare con coraggio e determinazione, poiché le scelte da compiere sono limitate lungo il percorso.
Un percorso che porterà Ruben, a saper apprezzare realmente le piccole cose che ha sempre vissuto con superficialità, riuscendo addirittura a convivere infine col il silenzio, imparando a essere parte di esso. Il silenzio infatti diventa il vero protagonista di molte sequenze, dove è stato riprodotto in modo impeccabile, attraverso uno splendido montaggio sonoro, sempre molto suggestivo e intimo, man mano che l’inquadratura passa attraverso il nuovo mondo vissuto dal protagonista. Un mondo in cui si dà spazio alle immagini e ai gesti, in cui il dialogo è stato quasi del tutto abolito, lo si evince infatti in alcune scene dove tutto viene comunicato con metodi alternativi, avvicinandoci a una realtà diversa dalla nostra, profonda, dove è importante comprendere lo stato mentale e fisico di chi è diverso, ma speciale, rispetto a noi. Quindi, tutto ciò che viene messo in atto attraverso la mimica facciale, gesti, movimenti, in realtà accade interiormente. Accade nell’anima e nei propri cuori.
Bisogna dunque fare una menzione speciale al regista Darius Marden, il quale con una spiccata sensibilità, ha saputo approcciarsi magicamente a questo tipo di disabilità, cosa sempre degna di nota.
Ciò che mi ha fatto appassionare a questo tipo di storia, è l’approccio del protagonista a questo radicale cambiamento, alle scelte che ha dovuto compiere col passare del tempo, infatti se inizialmente si è dato per sconfitto, poi ha saputo affrontare con pazienza e forza di volontà la sua nuova vita, accettando il fatto che indietro non è possibile tornare, ma bisogna convivere con ogni peso che portiamo addosso.
Spero vi sia piaciuta questa piccola recensione, e che vi abbia invogliato a vedere questa pellicola, per me, speciale.
Per consigli e suggerimenti, contattatemi sulla mia pagina Instagram.
Alla prossima, vi saluto.
Lord
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Fonte immagine: Amazon