“Oltre i figli, la famiglia, fra le cose che contano davvero c’è la parola data. Non servono firme, contratti o avvocati. Basta una stretta di mano. Basta guardarsi negli occhi. Certe cose me le hanno insegnate fin da quando ero bambino e io a certe cose credo ancora”.
“Quando hai tredici anni la tua vita scorre in mezzo alla strada. Com’è stata bella la mia infanzia per strada. Mia madre mi urlava: “Hai fatto i compiti?” dalla tromba delle scale e l’eco del mio sì si confondeva sotto i passi della mia corsa. C’era una vera urgenza di vivere e anche, come è ovvio, di fare delle cazzate. Suonavamo i campanelli e scappavamo, tiravamo gavettoni d’acqua agli autisti degli autobus che d’estate viaggiavano con il finestrino aperto, si infuriavano, ma non potevano fermarsi. La differenza tra il mio tempo e l’epoca di mio figlio, oggi, la vedo tutta”.
“Non avevamo niente e ci sembrava di avere tutto. Passavamo le ore a giocare a nascondino, a esultare per una partita a biliardino o a inanellare record al flipper del bar sotto casa. Cercavo le monete in tasca per un gelato da 500 lire e scoprivo di potermi permettere solo i più economici, il Lemonissimo, il Magic Cola o l’Arcobaleno, roba che costava la metà.”
«A mio figlio provo a passargli i princìpi con i quali sono cresciuto e a spiegargli che diventare uno stronzo è semplicissimo. Spero che faccia le sue sciocchezze, ma le faccia con la testa perché se un ragazzo cade, dopo, puoi solo mettere una toppa. Ce ne sono di bravissimi e sono tanti, ma rispetto ai 14enni di oggi noi eravamo degli ingenui, dei veri bambacioni. Tornavi a casa dopo aver dato un bacetto “a stampo” o sulla guancia e ti facevi i film per giorni. Oggi, se ti rendi conto del grado di consapevolezza dei 12enni, ti metti le mani nei capelli, ti spaventi ed è meglio se ti fai il segno della croce. Ragionano proprio diversamente da noi e rispetto alla mia gioventù è più facile perdersi».
Francesco Totti