"Cronache semiserie di un' aspirante nomade"Articoli

Ma che ne sanno i giapponesi di attese?

Foto di Alessia Carmela De Angelis – “Giapponesi in fila nella metropolitana di Tokyo

La dura vita del pendolare in Giappone

Sono in coda per salire su un treno metropolitano, in Giappone.

In coda. Fisicamente intendo.

Ma che ne sanno i giapponesi di attese.

Di quando aspettavamo il bus dopo scuola, per dirne una?

I primi della fila già mandavano l’sms a casa, salutando amici e parenti sapendo che non sarebbero sopravvissuti a ciò che li aspettava.

I restanti dietro si battevano il petto intonando in coro qualcosa che avrebbe potuto ricordare la danza Haka dei rugbisti neozelandesi.

“Dai che a sto giro ce la facciamo” gridava qualcuno dalle retrovie esorcizzando la paura.

“Se facciamo un incidente muore solo il conducente” qualcun altro scaldava la voce per i cori che ci avrebbero accompagnato per tutto il tragitto.

Era sempre quello seduto al centro dell’ultima fila. Big Babol in bocca, movimento di mascella irregolare e gamba destra ad invadere il poggiabraccio del sedile davanti. Il capobranco. Probabilmente futuro capo Ultras. Gomiti alti, sopra le spalle, pronti ad eliminare ogni ostacolo lungo il percorso.

Il bus arrivava e nella frazione di secondo compresa tra l’apertura delle porte automatiche e il realizzare di poter salire, i primi quattro della fila venivano brutalmente schiacciati contro le fiancate.

Alcuni entravano in scivolata ai lati della folla per smaltire la fila.

Urla.

Pianti.

Dispersi nella ressa.

Ecco il solito che inciampa sul gradino ad un passo dal traguardo, verrà calpestato dalle restanti decine di persone dietro di lui.

Il fruscio della metropolitana in arrivo mi distoglie dal mio flashback.

Sono in coda per entrare in metropolitana. Uno dietro l’altro. Ognuno in corrispondenza di un numero progressivo disegnato sul pavimento. Dentro le apposite linee gialle. Non ci si ammucchia come cani allo sventolare di un prosciutto.

Resto a guardare incredula.

C’è folla, il vagone è pieno zeppo eppure non spingono, non tentano di passare avanti. Gomiti bassi, sguardo innocente. Il silenzio regna sovrano. Cerco di non agitarmi, di mantenere il mio posto nella coda…la affronto con onore e rispetto.

D’ora in avanti saprò come comportarmi nelle lunghe e lineari attese per un caffè da Starbucks.

La fila è questione di educazione giapponese, come il rito del tè e il seppuku.

di Alessia Carmela De Angelis

Instagram: @_prendoeparto_

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