“Lo strano caso del dott. Jekyll e del sig. Hyde” di R.L. Stevenson
“La droga, infatti, di per sé stessa, non agiva in un senso piuttosto che nell’altro, non era né divina né diabolica di per sé; scosse le porte che incarceravano le mie inclinazioni”.
Titolo: “Lo strano caso del dott. Jekyll e del sig. Hyde”
Autore: R.L. Stevenson
Voto: 7,5/10
Scrittura: Non molto scorrevole
Pagine: 138
In breve:
In una tenebrosa notte londinese di fine ‘800, un uomo dalla fisionomia ripugnante calpesta con spaventoso cinismo una bambina indifesa; un passante lo insegue, riuscendo a fargli sborsare un sostanzioso assegno a titolo di risarcimento.
L’avvocato Utterson, coinvolto nella vicenda dal testimone, si rende conto che l’assegno porta inspiegabilmente la firma del suo caro e rispettabile amico: il dottor Jekyll. Il legale inizia le proprie indagini per dipanare l’alone di mistero che avvolge la nauseante figura di Hyde, legata in maniera viscerale allo stimato dottore, dal canto suo sempre più intrattabile e angosciato.
Un romanzo carico di tensione che affonda le sue radici nell’introspezione del lettore, costringendolo a confrontarsi con i propri abissi più reconditi e portandolo a struggersi nella contemplazione del suo potenziale più oscuro e distruttivo.
Ho letto per la prima volta questo racconto verso i 14/15 anni ed è rimasto a lungo il mio “libro preferito”; sebbene a una seconda lettura si sia rivelato meno profondo di quanto ricordassi, non posso trascurare l’intensità degli spunti che si è rivelato in grado di fornirmi, instradandomi verso interrogativi esistenziali improntati alla concezione di male come componente ineliminabile dei tormenti umani.
Per citare una famosa espressione del mio amato Nietzsche, oltremodo aderente al romanzo di Stevenson:
“Se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”.
di @spritz_e_libri
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