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L’Italia umbertina: il regno di re Umberto I. Mappe per la scuola.

L’Italia umbertina
Nel 1878, con la morte di Vittorio Emanuele II, suo figlio Umberto I ascese al trono, inaugurando quella che è nota come l'”età umbertina”. Durante questo periodo, l’Italia entrò nella Triplice Alleanza con Germania e Austria-Ungheria nel 1882, grazie al governo di Agostino Depretis, leader della Sinistra storica. Questo accordo rafforzò i legami diplomatici e militari tra i tre imperi.

Depretis cercò di attuare un programma riformista, ma con scarsi risultati. Tra le sue iniziative, vi furono l’abolizione della tassa sul macinato e una nuova legge elettorale che ampliò leggermente il diritto di voto. La Legge Coppino, che rese obbligatoria la frequenza delle prime due classi elementari, non ebbe l’impatto sperato, restando in gran parte inefficace.

Durante la grave crisi agraria causata dalla depressione internazionale, il governo di Depretis si trovò sotto la pressione dei produttori di cereali, che richiedevano l’introduzione di dazi protezionistici sul grano importato. In risposta, Depretis abbandonò il liberismo in favore del protezionismo, favorendo agricoltori e industriali, ma penalizzando i contadini meridionali più innovativi, che avevano riconvertito le loro colture verso prodotti come agrumi, uva e olive. L’aumento del prezzo del pane colpì duramente le classi popolari.

Dopo le dimissioni di Depretis, Francesco Crispi assunse più volte la carica di presidente del Consiglio, diventando una figura centrale nella politica italiana dell’epoca. Crispi cercò di rafforzare il potere esecutivo e represse duramente le rivolte operaie e contadine, adottando un approccio autoritario per mantenere l’ordine. In parallelo, cercò di risanare le finanze dello Stato imponendo tasse pesanti, provocando malcontento tra le masse.

Nonostante avesse introdotto alcune riforme, come la revisione del Codice penale e il riconoscimento del diritto di sciopero, Crispi si dimostrò spesso contraddittorio, reprimendo con violenza le richieste dei lavoratori e dichiarando illegale il Partito Socialista Italiano, che rappresentava i diritti della classe operaia. Queste misure furono rese possibili dalla Legge sulla pubblica sicurezza, che conferiva ampi poteri alle forze dell’ordine.

Nel 1891, in Sicilia, i braccianti ispirati dalle idee socialiste si organizzarono nel movimento dei Fasci Siciliani, che venne brutalmente represso dal governo, causando centinaia di morti. Questo episodio rappresentò una delle più sanguinose repressioni della storia sociale italiana di fine Ottocento.

Nel 1892, sotto la guida di Filippo Turati, nacque il Partito Socialista Italiano, ispirato al marxismo, che promuoveva la lotta di classe e la socializzazione dei mezzi di produzione, come fabbriche e terre.

In ambito coloniale, l’Italia proclamò l’Eritrea colonia italiana nel 1890 e stabilì un protettorato sulla Somalia. Tuttavia, l’ambizioso tentativo di Crispi di conquistare l’Etiopia culminò in una disastrosa sconfitta nella battaglia di Adua nel 1896, costringendolo alle dimissioni dopo violente proteste socialiste.

Anche a Milano, nel 1898, si verificarono violenti disordini a causa dell’aumento dei prezzi dei cereali. Durante una manifestazione popolare, l’esercito aprì il fuoco sui manifestanti, uccidendo oltre ottanta persone.

Il regno di Umberto I terminò tragicamente il 29 luglio 1900, quando fu assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci, un emigrato italiano che voleva vendicare i morti di Milano. Alla sua morte, il trono passò al figlio, Vittorio Emanuele III.

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