Lo vediamo sulle magliette dei giocatori delle squadre della nazionale francese, lo troviamo sul cancello dell’Eliseo, in cima alla chiesa di Notre Dame e sul ponte Alessandro III (il più importante ponte sulla Senna); lo possiamo trovare su numerosi monumenti ai caduti. Il gallo è il simbolo francese più conosciuto, e in tutto il mondo lo riconoscono come tale. Ma come mai un gallo?
Tutto partì da un gioco di parole: per gli antichi romani infatti la parola “gallus” indicava l’animale (il cui nome francese è coq) e per tale motivo schernivano il popolo dei galli. Un abitante di tale popolo (in francese gaulois) era per tanto un “gallo” per i conquistatori romani, cioè un pollo. In seguito a ciò narra la leggenda che Vercingetorige abbia inviato a Giulio Cesare un gallo (l’animale) per mostrargli simbolicamente l’aggressività e la combattività del suo popolo che i romani prendevano in giro paragonandolo a quel volatile. Cesare invitò allora il capo dei galli a cena per vedere se erano possibili delle trattative di pace e gli fece servire il gallo che gli era stato inviato, cotto nel vino. Vercingetorige, incurante del chiaro messaggio che il piatto servito conteneva, rifiutò le proposte di Cesare e giorni dopo i suoi soldati ottennero una storica vittoria contro l’esercio romano, forte di 30.000 uomini. La leggenda si diffuse tra i villaggi galli e nel tempo l’animale cominciò ad apparire su alcune monete e divenne simbolo di alcuni di questi villaggi stessi.
Rimasto comunque un simbolo minore per secoli, il gallo risorgerà durante la Rivoluzione: i contadini lo resero infatti il simbolo di coloro che si svegliano al suo canto per cominciare la loro lunga giornata di lavoro.
Osteggiato da Napoleone, il gallo sarà poi definitivamente eretto a simbolo di patriottismo durante la prima guerra mondiale, allorché la propaganda ufficiale francese dovette trovare un animale simbolo da contrapporre all’aquila tedesca. La vittoria sull’impero germanico fece poi il resto per far si che il gallo restasse impresso nei cuori del popolo francese.
Francesco Pino
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